Alitalia

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Il destino della compagnia di bandiera è stato oggetto di molti dibattiti e discussioni di quest’anno infatti, la privatizzazione di Alitalia è stata, al pari della crisi economica finanziaria di questi mesi, il tema politico-economico più dibattuto del 2008. Per molti anni ha determinato un incredibile costo per la collettività e di fatto è stato un pozzo senza fondo. Lo Stato, in più occasioni, ha ripianato i debiti derivanti da una gestione tutt’altro che virtuosa: sprechi, inefficienze, comportamenti clientelari accompagnati da spropositati compensi, miliardi e miliardi di euro, agli amministratori; soldi di tutti noi cittadini buttati per sostenere un’azienda ormai improduttiva.

Considerata la situazione diventata ormai insostenibile il governo Prodi , a partire dal suo insediamento nel 2006, intraprese, in modo determinato la strada, fra mille peripezie, della privatizzazione: bandi, offerte, rinunce, trattative private ecc.. Finalmente si arrivò alla concretizzazione di un’offerta di Air France, la prima compagnia aerea in campo internazionale. Il consiglio di amministrazione di Alitalia e il Governo Italiano considerarono l’offerta di Air France come la più seria ed attendibile, con un piano industriale che dava una sicura prospettiva all’azienda, dettaglio fondamentale da non sottovalutare. La vendita ad Air France era, fra le proposte di allora e anche di quelle di questi ultimi mesi, quella più conveniente per le tasche dei cittadini italiani. Purtroppo, per un calcolo meramente elettorale, Berlusconi decise di mandare all’aria la trattativa poiché, in quel momento fare leva sull’italianità e raccontare che la compagnia di bandiera sarebbe stata svenduta ai francesi fece presa sull’opinione pubblica. Il Presidente di Air France Spinetta dopo aver valutato l’ostile clima politico e consapevole del fatto che Berlusconi da lì a pochi giorni sarebbe stato il nuovo Presidente del Consiglio, decise di abbandonare la trattativa. Spinetta inoltre, sapeva che non esiste paese al mondo dove un’azienda riesca a chiudere una trattativa sindacale, nel caso Alitalia molto difficile, con il governo che tifa contro. Occorre inoltre, sottolineare che  durante la trattativa gestita dal governo Prodi erano sempre stati tenuti contatti con i rappresentanti dell’allora opposizione in particolare Tremonti, Fini e Gianni Letta che avevano dato il loro placet per la conclusione della trattativa Air France.

I contenuti più importanti dell’accordo erano che Air France si sarebbe presa in carico l’intera Alitalia, debiti e crediti connessi. Per quanto riguarda gli esuberi erano stati stimati soltanto 2500 unità. L’Alitalia aveva non solo la garanzia di far parte del più grande gruppo aereo internazionale ma anche di poter contare ad una giusta concorrenza sul mercato italiano con ovvi benefici per i viaggiatori soprattutto per le rotte nazionali. Si è preferito agire diversamente infatti, nel corso dei mesi estivi, è stata costruita una cordata fittizia di imprenditori italiani, alcuni dei quali sono già noti in quanto protagonisti di altre discusse privatizzazioni. L’impressione che ci siamo fatti in questi mesi è che questa cordata sia stata indotta ed agevolata da alcuni provvedimenti governativi, ne ricordo uno, fra tutti, il prolungamento delle concessioni autostradali. La sensazione è che non si tratti di una vera e propria impresa industriale ma di una speculazione finanziaria. I partecipanti alla cordata, infatti, non rischiano nulla ed hanno anche la prospettiva di rientrare dall’investimento nell’arco di 5 anni al massimo, quando venderanno tutto a qualche compagnia straniera. Questi imprenditori dopo aver costituito la CAI (Compagnia Aerea Italiana), hanno messo insieme un miliardo di euro ed hanno avanzato una proposta consistente nella divisione dell’Alitalia in due: da una parte tutti i debiti e gli esuberi, andranno nelle mani del commissario e quindi a carico della collettività, dall’altra, quella buona andrà alla neo compagnia (CAI). Quali sono gli effetti numerici dell’accettazione di questa offerta? Gli esuberi di personale sono passati a 7.500 unità, questo significa maggiori spese la collettività per far fronte agli ammortizzatori sociali, i 400 milioni di euro del cosiddetto “prestito ponte” non saranno restituiti allo Stato e la scomparsa della concorrenza. Infatti, entrando nella CAI la compagnia aerea Air ONE, il cui proprietario è uno dei componenti della cordata, scompare un concorrente del mercato italiano pertanto, per alcune rotte di fatto avremo un monopolio. Nel complesso è stato stimato che, rispetto alla proposta di Air France quella avanzata da CAI costerà, per le casse dello Stato e quindi per la collettività, 1,5 miliardi di € in più. Mille e cinquecento milioni di euro che, viceversa, potevano essere utilizzati per aiutare le famiglie e le PMI, il vero nervo produttivo del Paese. Questo Governo ha preferito investire queste risorse diversamente e se il Paese è al declino è anche a causa di queste scelte scellerate.

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