La mia proposta di legge sul patto di stabilità A.S. 1124

La mia proposta di legge sul patto di stabilità A.S. 1124

sindacoUn nuovo Patto di Stabilità interno, più dinamico ed equo. Che premi i Comuni virtuosi e induca quelli «spreconi» al rispetto dei parametri. Senza più discriminazioni e cavilli burocratici.

Cos’è il Patto di Stabilità e crescita? Un amministratore locale risponderebbe così: è un meccanismo burocratico che limita i finanziamenti ai Comuni, indispensabili per gli investimenti, e crea disagi ai fornitori, pagati dagli enti locali con grave ritardo per i vincoli di spesa imposti. Un funzionario del Ministero dell’Economia replicherebbe: è uno strumento dell’UE, fondamentale per garantire il rispetto dei parametri di Maastrict Dov’è la verità? Il PSC è un accordo stipulato dai Paesi dell’UE per il controllo delle politiche di bilancio nell’ambito dell’Unione monetaria. Prevede il rafforzamento della vigilanza su deficit e debiti pubblici. Questo sulla carta. Nella realtà, il Patto è diventato un rigido groviglio di cavilli che impedisce agli enti più efficienti di esprimere le proprie potenzialità, ma non «richiama» al rispetto dei vincoli di bilancio le amministrazioni meno virtuose.

Per capire meglio, basta un po’ di cronistoria. Gli enti locali devono contribuire al raggiungimento dei criteri di stabilità e crescita definiti a Maastricht. Per questo sottostanno ai parametri di un Patto di stabilità interno. Dal 1997 esistono norme che pongono vincoli ai bilanci degli enti decentrati allo scopo di raggiungere, come obiettivo nazionale, la riduzione del deficit di tutti gli enti che compongono la P.A.. I Comuni devono adeguarsi, a differenza di altre istituzioni, a regole che impediscono di produrre deficit. Se ciò avviene, significa che non sono state rispettate le norme di bilancio e che, dunque, sono stati adottati provvedimenti illegittimi. Alla Magistratura il compito di sanzionarli. Negli ultimi 10 anni il Patto interno è stato modificato più volte, con restrizioni che hanno sottratto autonomia agli enti e creato discriminazioni, penalizzando quelli virtuosi e non quelli «spreconi». Di qui le critiche, provenienti da tutti gli schieramenti, secondo cui il Patto sarebbe «stupido». Nessuno mai, però, l’ha reso «saggio».

Entriamo nel dettaglio: oggi, valutando le norme per il il bilancio degli enti locali, si osserva che viene imposto il rispetto di alcuni parametri in contraddizione con quelli richiesti dall’UE. Per fare un esempio, dal 2002 al 2006 lo Stato ha obbligato i Comuni a ridurre le spese senza tener conto delle entrate. Dal 2006, invece, gli obiettivi sono quelli del miglioramento dei saldi, ovvero la differenza tra le spese e le entrate. Il meccanismo, introdotto con la Finanziaria per il 2007, si riferisce però a saldi che devono migliorare rapportandosi a quelli degli anni precedenti: questa rigidità impedisce agli enti più virtuosi di espletare la propria attività amministrativa e, al contrario, non ha efficacia per i Comuni che sperperano i fondi.

Evidentemente serve un patto di stabilità diverso. Uno strumento che scoraggi i Comuni che sprecano risorse pubbliche e premi quelli virtuosi ed efficienti. Come detto, i Comuni stessi non possono creare deficit, ma possono comunque incrementare l’indebitamento della P.A.. Il ddl che ho presentato al Senato vuole superare questa contraddizione proponendo un nuovo obiettivo nazionale per il Patto di Stabilità: richiedere la diminuzione dell’indebitamento agli enti che superano determinati parametri. La proposta intende così premiare i Comuni che gestiscono correttamente il bilancio, dando loro la possibilità di operare senza alcun vincolo e di incrementare, ove necessario, la propria dotazione organica. Vuole, però, essere anche uno strumento penalizzante per gli enti poco efficienti con i bilanci in rosso. Il meccanismo è semplice: i Comuni virtuosi, cioè quelli poco indebitati, con una buona autonomia finanziaria e una contenuta spesa per il personale, potranno operare senza limiti, a patto di non peggiorare i propri parametri. Per gli altri sarà prevista – sino al rientro nei parametri – l’operatività con alcune limitazioni. Si tratta di un meccanismo «dinamico», nel senso che ogni ente ha la possibilità di raggiungere il parametro prefissato. Anche quelli «spreconi», quindi, potranno diventare virtuosi. Ma c’è di più: con questo meccanismo il controllo si farebbe più incisivo. Niente più decisioni generalizzate, ma attenzione focalizzata su ogni singolo Comune che non rispetti le nuove regole di bilancio. Per premiare il merito e i bravi amministratori. E soprattutto per evitare inutili sprechi a danno della collettività.

Marco Stradiotto

 

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