La sfida di Renzi si chiama rilancio delle Autonomie Locali.

La sfida di Renzi si chiama rilancio delle Autonomie Locali.

La sfida di Renzi si chiama rilancio delle Autonomie Locali.

“Non sottovalutiamo il referendum e le istanze separatiste, ma rispondiamo subito con Federalismo, Costi  e fabbisogni Standard per ricucire il Paese” 

Matteo-Renzi

In questi anni il Sistema delle Autonomie Locali, in particolar modo i Comuni, è stato costretto a caricare sulle proprie spalle buona parte del peso della crisi economica che ha investito, anche, il nostro Paese.

Oggi è assolutamente necessario ed urgente invertire la rotta se non vogliamo che tutto il “Sistema Paese” subisca un contraccolpo che, considerate le condizioni in cui versiamo, potrebbe essere pressoché impossibile da assorbire.

Per rilanciare il ruolo dell’Italia – anche in chiave internazionale ed in vista del Semestre di Presidenza dell’UE che si aprirà il prossimo luglio – è indispensabile mettere benzina nel motore del nostro Paese: i Comuni devono essere messi nelle condizioni di creare le condizioni di rilancio dei propri territori, non può più essere il tempo di tagli indiscriminati in nome di un pur necessario rigore finanziario.

Le Autonomie Locali, infatti, non sono soltanto il “Fronte” dello Stato nei territori, i soggetti ai quali i cittadini si rivolgono per trovare risposte ai problemi quotidiani, ma rappresentano, anche e soprattutto, gli inneschi dei sistemi territoriali, i registi dello sviluppo, i luoghi della crescita.

Il referendum separatista promosso da alcune formazioni politiche venete ha attirato nelle scorse settimane l’attenzione di molti osservatori ed analisti e tutti sono arrivati alla conclusione che quei segnali non devono essere sottovalutati.

La prospettiva di una secessione, di un’indipendenza regionale, è certamente controproducente per il Veneto stesso oltre che visionaria dal punto di vista politico ed istituzionale.

Il Veneto da solo, infatti, non sarebbe in grado, per quanto forte sia, di sostenere le enormi sfide anche internazionali che la globalizzazione, quotidianamente, ci pone di fronte.

Nonostante i non certificati strumenti con i quali quest’adesione è stata raccolta, il segnale giunto, anche oltre il numero reale dei votanti, non può essere sottovalutato.

E per non sottovalutarlo dobbiamo immediatamente prendere atto di due ordini di ragioni, che sono assolutamente amministrative, e agire di conseguenza: la prima è che il nostro Paese è in assoluto ritardo con la riforma in senso Federale dello Stato, la seconda è che la mancata applicazione dei cosiddetti “Costi  e Fabbisogni Standard” sta mortificando le nostre Autonomi Locali.

Da oltre vent’anni nel nostro Paese c’è chi politicamente si nutre di chiacchiere sul Federalismo, confondendolo con bizzarre richieste di autonomia o secessione o fuga dai doveri di uno Stato Unitario. Tutta questa propaganda non ha fatto altro che rallentare, in modo drammatico, un passaggio istituzionale indispensabile per un Paese moderno che ha, oltretutto, assoluta necessità di ripensare e rilanciare il proprio ruolo.

In tutto questo tempo abbiamo perso delle enormi occasioni, abbiamo mortificato il ruolo degli Enti Locali, abbiamo negato opportunità e, addirittura, varato leggi e provvedimenti che si muovevano in direzione opposta rispetto alla necessità federalista che vive l’Italia.

Sono state prodotte sperequazioni, provvedimenti “una tantum”, varie leggine “salva qualcosa o qualcuno”, il tutto reso ancora più difficile da un meccanismo di patto di stabilità interno, scelto dallo Stato centrale, che solo nel nostro Paese mortifica le autonomie (i Comuni Francesi e Tedeschi non sono soggetti a meccanismi assurdi come quelli imposti ai nostri comuni).

Non si è mai presa realmente in mano la situazione e, intanto, le nostre amministrazioni locali non potevano più garantire completamente quei servizi che, fino a qualche anno prima, erano considerati scontanti se non basilari, non hanno potuto pagare le imprese che avevano svolto lavori per la Pubblica Amministrazione, non sono più riuscite, soprattutto in un contesto di crisi che moltiplica le emergenze sociali, a rispondere nel migliore dei modi.

D’altro canto c’è da mettere in pratica i cosiddetti “Costi e Fabbisogni Standard”.

Il nostro è un Paese di enormi differenze che, insieme, danno vita ad “un unicum” non replicabile e, se pienamente valorizzato, vincente.

Ma ci sono differenze che il nostro Sistema non può più permettersi di mantenere e, tra queste, quello dei costi della pubblica amministrazione. Tempi, procedure, numero di personale impiegato e budget necessario devono assolutamente essere uniformati per evitare sprechi e correggere storture del sistema.

Soprattutto in ambito sanitario, tanto per rendere immediatamente chiaro il concetto, esistono delle differenze economiche enormi anche da ospedale ad ospedale per erogare la stessa prestazione.

O, per fare un altro esempio, la differenza di pianta organica, ovvero di quantità di personale impiegato, tra Enti Pubblici che svolgono le stesse funzioni e che hanno competenza su territori simili. Oppure ancora rispetto i tempi di attesa per l’erogazione stessa di un servizio pubblico tra un Comune ed un altro di analogo.

Se non mettiamo a frutto il lavoro fatto per la definizione dei costi e dei fabbisogni standard ai quali, a mio avviso, dovremmo aggiungerne uno di simile sui tempi di risposta, il nostro continuerà ad essere un Paese diviso nei fatti, con buona pace dei Venetisti che sbandierano i numeri di chi vuole la secessione che, di fatto, spesso c’è già e non se ne sono ancora accorti.

La sfida che il Premier Renzi, dunque, dovrebbe affrontare con assoluta determinazione e da subito è proprio questa: ricucia il Paese rendendolo uguale attraverso il vero federalismo che non è divisione, ma moltiplicazione delle risorse, dia ossigeno agli Enti Locali e li misuri attraverso i Fabbisogni e i Costi Standard. Considerata la sua esperienza di Sindaco e prima di Presidente di Provincia sono certo che comprenderà come presentarsi alla guida del Semestre di Presidenza dell’UE con questi passi concreti già compiuti ci potrà rendere autorevoli per chiedere una reale revisione dei meccanismi che regolano il Patto di Stabilità. Un Patto di Stabilità che dovrebbe essere in grado di garantire, oltre al giusto rigore dei conti pubblici, la costruzione di politiche comuni di crescita e sviluppo per dar vita, finalmente, ad un’Europa degli Stati e delle Genti e non soltanto dei flussi economici.

Marco Stradiotto

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