Manovra Economica: Il mio intervento in commissione finanze del Senato

Manovra Economica: Il mio intervento in commissione finanze del Senato

Resoconto sommario n. 176 del 17/06/2010

Il senatore STRADIOTTO (PD), proseguendo il proprio intervento, osserva come vi sia stato un generale consenso intorno alla necessità di intervenire per assicurare la stabilità dei conti pubblici e avviare il percorso di rientro del rapporto deficit/PIL, ricordando anche come la maggiore propensione al risparmio abbia finora consentito di assorbire gli effetti più gravi della crisi.

Sottolinea in termini negativi come il decreto-legge n. 78 trascuri il problema del sostegno e del rilancio dei principali fattori macroeconomici, come i consumi interni, le esportazioni e gli investimenti produttivi, rilevando come essi siano stati gravemente colpiti dalla crisi. Né la manovra varata dal Governo introduce alcuna riforma strutturale per affrontare il nodo dell’evasione e rendere il sistema fiscale più equo per i contribuenti in regola, evitando di concentrare il prelievo sulle medesime categorie. Permane inoltre anche il grave problema del ritardo della pubblica amministrazione nei pagamenti ai propri fornitori né vengono date risposte soddisfacenti all’esigenza di eliminare gli sprechi di risorse pubbliche. Quanto meno la pesantezza e l’ampiezza della manovra pongono termine alla cattiva informazione sinora diffusa dal Governo, che ha professato un eccessivo ottimismo in merito alle reali condizioni dei conti pubblici e dell’economia interna. Pertanto la maggioranza e il Governo hanno il dovere di mettere a punto nel prosieguo della legislatura, anche sfruttando l’assenza di scadenze elettorali, misure maggiormente incisive per assicurare il migliore funzionamento degli apparati pubblici accantonando sterili discussioni sui costi della politica. Altrimenti si corre il rischio di addossare al Paese gli effetti negativi dell’incapacità decisionale del Governo.

Lamenta quindi l’inidoneità della manovra a ricostituire l’avanzo primario, le cui risorse avrebbero potuto essere utilizzate ad abbattimento del debito e a riduzione della pressione fiscale, ricordando come tale obiettivo fosse stato garantito in campagna elettorale e smentendo anche i proclami legati all’afflusso di maggiori risorse agli enti locali grazie all’attuazione del federalismo fiscale. A suo parere si assiste, al contrario, a una erronea e parziale realizzazione del processo federalista (come dimostra il recente caso del federalismo demaniale), poiché il Governo e la maggioranza non sembrano interessati ad affrontare i nodi cruciali del sistema economico e sociale italiano. Si sta perdendo così l’occasione per varare una riforma organica che sia in grado di garantire la coesione del Paese nel suo complesso, con pesanti ricadute a livello territoriale. Su tale fronte, peraltro, rileva come i maggiori partiti dei due schieramenti stiano perdendo terreno a vantaggio della Lega Nord.

Il Governo ha inoltre trascurato anche la necessità di prevedere stimoli per difendere i livelli occupazionali né ha razionalizzato il sistema di contrasto all’evasione, indirizzando inoltre  le misure di inasprimento del prelievo su coloro che sono leali con il fisco senza affrontare il nodo cruciale dell’imponibile sottratto al fisco. In tale ambito era stato ben diverso l’impegno del precedente Governo di centrosinistra, anche in termini di risultati conseguiti, alla cui politica economica sono state rivolte ingiuste accuse di vessatorietà nei confronti dei contribuenti.

Sin dall’avvio della legislatura sono state compiute scelte politiche assolutamente non condivisibili, come il salvataggio dell’Alitalia posto a carico del bilancio dello Stato, l’abolizione dell’ICI sulla prima casa e i maggiori trasferimenti erariali soltanto ad alcuni tra i comuni più indebitati, sulla base di criteri non oggettivi. L’intento di raggiungere gli obiettivi di finanza pubblica attraverso continue rimodulazioni del Patto di stabilità sarà vanificato dall’incapacità di conciliare tale impegno con un’accresciuta responsabilità – politica e gestionale – di tutti gli amministratori pubblici, anche a livello locale. Inoltre, non si comprende l’atteggiamento di chiusura del Ministro dell’economia e delle finanze di fronte alle proposte di politica economica formulate dal Presidente, come il rifiuto della possibilità di destinare i proventi derivanti dalla vendita dei beni demaniali trasferiti agli enti locali alla riduzione del debito.

La concentrazione dei tagli lineari e dei risparmi di spesa all’interno del comparto degli enti locali restituisce l’erronea impressione che la gran parte degli sprechi nel settore pubblico si registri soltanto a livello periferico. Nello scenario delineato, il decisore politico deve quindi assumersi la responsabilità di elaborare e realizzare una riforma del sistema fiscale e dello Stato in senso federale, che sia condivisa da tutti gli schieramenti e restituisca efficienza alla gestione contabile e finanziaria dei diversi livelli di governo attraverso un’accorta revisione del Patto di stabilità, che coinvolga le istituzioni locali e le amministrazioni centrali. Infatti il volume dei risparmi di spesa che il Governo si attende dai minori trasferimenti alle regioni e ai comuni non risulta decisivo a fronte dell’ammontare complessivo del debito pubblico. Sarebbe invece opportuno ampliare l’autonomia di entrata dei comuni, assegnando loro la titolarità e la gestione delle imposte che registrano il maggior indice di evasione, come quella di registro e quella sui redditi di locazione immobiliare per uso abitativo.

Sul fronte dei rapporti della pubblica amministrazione con i propri fornitori, sarebbe inoltre necessario promuovere una rinegoziazione dei contratti, al fine di ridurre gli importi dovuti anche a fronte dei ritardi con cui si procede all’erogazione del corrispettivo. Le imprese interessate infatti spesso non si preoccupano dei lunghi tempi di pagamento da parte del committente pubblico, giacché possono beneficiare dello sconto delle fatture non ancora pagate presso gli istituti di credito.

Ulteriori risorse potrebbero essere recuperate nel caso di esenzione dall’imposta sul valore aggiunto per le prestazioni di beni e servizi alla pubblica amministrazione da parte di artigiani e piccoli imprenditori, i quali possono poi risultare incentivati nel non rilasciare le fatture per le operazioni con altri soggetti privati.

La manovra induce inoltre anche l’impressione che le strutture statali non siano chiamate a contribuire alle politiche di rigore decise dal Governo. Conclude quindi il proprio intervento sottolineando che attraverso le  misure di riduzione degli sprechi, indicate in precedenza, sarebbe possibile recuperare un gettito maggiore del volume totale della manovra finanziaria, per un importo pari a ventinove miliardi di euro, con risorse aggiuntive che potrebbero quindi essere destinate al rilancio dell’economia.

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