PROPOSTA DI LEGGE PERCHE’ L’IMU E LA TARES RESTINO INTEGRALMENTE AI COMUNI E SEMPLIFICAZIONE DEL FEDERALISMO MUNICIPALE

PROPOSTA DI LEGGE PERCHE’ L’IMU E LA TARES RESTINO INTEGRALMENTE AI COMUNI E SEMPLIFICAZIONE DEL FEDERALISMO MUNICIPALE

Delega al Governo per la modifica e la semplificazione delle disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale. Eliminazione dei trasferimenti erariali e destinazione dell’intero gettito IMU ai Comuni e di quota parte del gettito dell’imposta di registro, ipotecaria e cedolare sugli affitti.

Iniziativa  dei Senatori STRADIOTTO, SANNA, ARMATO, BLAZINA, CHITI, DI GIOVAN PAOLO, FILIPPI, MAZZUCONI, SIRCANA e VIMERCATI

Il sistema della fiscalità municipale è da tempo al centro di un processo di continua mutazione del quadro legislativo. Avviato nel decennio scorso nel solco dell’attuazione dell’articolo 119 della Costituzione, quel processo è tuttora distante da uno sbocco stabile e coerente con lo spirito della norma costituzionale, con il risultato di creare difficoltà e disorientamento nel sistema delle autonomie locali.

La stagione di governo del Centrodestra – che pure aveva fatto dell’attuazione del federalismo fiscale una bandiera elettorale – ha avuto sotto questo profilo esiti contraddittori e insoddisfacenti, tanto per il sistema istituzionale delle autonomie, quanto per i cittadini e le imprese.

Dopo l’abolizione dell’imposta comunale sugli immobili (ICI) per tutte le abitazioni principali, che lungi dall’ampliarli ha evidentemente ridotto i margini di autonomia finanziaria dei comuni, il governo Berlusconi è tornato sul tema introducendo un nuovo regime di imposizione patrimoniale immobiliare, nell’ambito dei provvedimenti attuativi della legge-delega in materia di federalismo fiscale (legge n. 42 del 2009).

Con il decreto legislativo n. 23 del 2011, dedicato al federalismo municipale, si è infatti disposta l’entrata in vigore, a decorrere dal 2014, di una nuova imposta – l’imposta municipale unica (IMU) – destinata ad essere l’architrave della riforma della fiscalità comunale.

Quell’imposta, tuttavia, già nella sua impostazione originaria non presentava le caratteristiche tipiche di un’imposta federale. Il suo presupposto era infatti il possesso di immobili diversi dall’abitazione principale, con l’effetto di concentrare il prelievo sui proprietari di seconde case e di immobili commerciali e produttivi, che spesso non hanno la residenza nel comune in cui sono ubicati i cespiti immobiliari. La tassa sarebbe stata dunque pagata, in larga parte, da persone che non avrebbero votato in quel comune, con ciò negando il primo e basilare precetto del federalismo fiscale, sintetizzabile nella formula: “pago, vedo, voto”.

La crisi dei debiti sovrani e l’aggravarsi dell’esposizione finanziaria dell’Italia hanno imposto al sistema delle autonomie locali un nuovo mutamento d’orizzonte.

Il primo provvedimento del governo Monti – il decreto cosiddetto “Salva-Italia” (decreto-legge n. 201 del 2011) – ha anticipato al 2012 l’entrata in vigore dell’IMU, cambiandone sia i presupposti impositivi, con il ripristino del prelievo sulla prima casa, che la destinazione di gettito, non più di integrale appannaggio delle casse comunali.

Alla nuova IMU è stato infatti ascritto un saldo positivo per il bilancio dello Stato – e un corrispondente maggior prelievo su cittadini e imprese – pari a circa 9 miliardi di euro: 5,5 miliardi di euro di maggiori entrate derivanti da terreni e fabbricati e 3,5 miliardi di euro di minori spese per il rimborso ai comuni dell’ICI sulla prima casa. Sulla base dei primi dati provenienti dagli enti territoriali, tale saldo appare sovrastimato, per effetto del nuovo sistema di detrazioni introdotto che è destinato a rendere il gettito IMU derivante dall’abitazione principale verosimilmente inferiore al gettito ICI relativo alla prima casa (già ammesso ai trasferimenti compensativi dello Stato, a titolo di rimborso, dopo l’abolizione dell’imposta).

Nello stesso contesto sono stati anche introdotti dei coefficienti di rivalutazione del valore immobiliare da usare come moltiplicatori delle rendite catastali, nonché un nuovo regime di detrazioni per l’abitazione principale (200 euro, cui si aggiungono 50 euro per ogni figlio a carico fino a 26 anni di età), con il risultato di realizzare un’estesa ricomposizione dell’imposizione patrimoniale sugli immobili, con effetti per alcuni aspetti molto differenziati sul territorio nazionale.

Un nuovo intervento sulla stessa imposta è venuto dal provvedimento in materia di semplificazione fiscale (decreto-legge n. 5 del 2012). Tra le altre cose il decreto ha ammesso la possibilità per il governo di apportare ulteriori correzioni o modifiche alla disciplina dell’IMU, da adottarsi con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri entro il 10 dicembre 2012.

Ne è risultata, in definitiva, una situazione segnata ancora da forti incognite per le amministrazioni locali.

Impossibilitati a programmare per la mancanza di un quadro legislativo sufficientemente stabile, i comuni non solo sono ancora oggi privi degli strumenti di autonomia fiscale propri del federalismo solidale di cui all’articolo 119 della Costituzione, ma continuano a patire crescenti vincoli di spesa e una costante riduzione dei trasferimenti statali.

I trasferimenti dello Stato a favore dei comuni italiani nel 2010 erano pari a 13 miliardi di euro. Nel corso degli ultimi anni vi è stata una graduale riduzione dei trasferimenti, ma la situazione si è aggravata nell’ultimo biennio. Il decreto-legge n. 78 del 2010 ha ridotto i trasferimenti annuali ai comuni con più di 5.000 abitanti per 1,5 miliardi di euro nel 2011 e 2,5 miliardi di euro negli anni 2012 e seguenti. Un ulteriore taglio di 1,45 miliardi di euro è stato disposto dal decreto-legge n. 201 del 2011 (il cd decreto “Salva-Italia”), cui si aggiunge la soppressione del rimborso ICI per la prima casa (previsto nel 2008, a seguito dell’esclusione dall’imposta), per un importo pari a circa 3 miliardi di euro. A seguito di questi tagli le risorse che lo Stato destina ad oggi complessivamente al sistema dei comuni si attestano a poco più di 6 miliardi di euro per il 2012, con una contrazione superiore al 50% in un solo biennio.

Un’immediata inversione di rotta è dunque indispensabile. Ma ciò che più conta è che essa può trasformarsi in un’opportunità per restituire fiducia ai cittadini e alle imprese in questa difficile congiuntura economica e finanziaria per il Paese.

Una riforma seria e responsabile dell’intero sistema della fiscalità municipale può infatti essere l’occasione, allo stesso tempo, per uscire da logiche puramente emergenziali e contabilistiche e superare l’approccio demagogico ed emotivo che ha segnato la stagione delle “riforme federaliste” del governo Berlusconi.

Per farlo occorre superare tutti i limiti storici del vecchio modello di finanza derivata – trasferimenti sperequati tra i diversi territori e tra i diversi enti, anche all’interno della stessa regione; scarsa autonomia finanziaria; storica carenza di risorse, ecc. – e riconoscere tutti gli errori commessi negli ultimi anni nell’affrontare i temi del federalismo. Tra tutti: aver cancellato l’ICI sulla prima casa, rinunciando al cespite territoriale su cui si fondano tutti sistemi fiscali federalisti; aver assoggettato tutte le entrate al controllo ministeriale e all’appostazione su fondi statali, secondo una sorta di federalismo “autorizzato” che è di fatto una riedizione del sistema di finanza derivata; non aver stabilito, prima dei fabbisogni standard, quali sono i livelli essenziali delle prestazioni (L.E.P.) e di assistenza (L.E.A.) e a quale livello di governo compete garantirli, giacché manca a tutt’oggi il compiuto disegno istituzionale della Carta delle autonomie.

Soprattutto, occorre fare dell’IMU la pietra miliare di un vero federalismo fiscale, effettivamente fondato sull’autonomia e la responsabilità finanziaria dei territori.

Il presente disegno di legge offre in tal senso una chiave, proponendo una riforma della fiscalità municipale a saldi pressoché invariati, che garantisca – una volta superata l’attuale fase di gestione emergenziale dei conti pubblici – il definitivo superamento dei trasferimenti statali e l’integrale devoluzione ai comuni di tutti i cespiti immobiliari.

A questo fine il disegno di legge attribuisce al governo una delega per il complessivo riordino dei rapporti finanziari tra lo Stato e gli enti locali, orientata a realizzare entro un triennio, in forma progressiva e territorialmente equilibrata, l’attribuzione ai comuni del gettito o di una quota del gettito dei tributi a vario titolo riferiti agli immobili ubicati nei loro territori.

In particolare, si prevede la devoluzione ai comuni di una quota pari al 20 per cento del gettito derivante dai seguenti tributi: a) l’imposta di registro e l’imposta di bollo sugli atti di trasferimento; b) le imposte ipotecaria e catastale, limitatamente agli atti non soggetti all’imposta sul valore aggiunto; c) l’imposta di registro e l’imposta di bollo sui contratti di locazione; d) tributi speciali catastali; e) tasse ipotecarie; f) la cedolare secca sugli affitti, di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23.

Quanto all’imposta municipale propria (IMU) – come riformata ai sensi dell’articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (decreto “Salva-Italia”) – se ne conferma il ruolo centrale anche nel nuovo sistema di fiscalità federale, prevedendo che una quota pari al 75 per cento del suo gettito resti nelle casse comunali.

Infine, a completamento del rinnovato sistema delle entrate municipali, si attribuisce integralmente ai comuni il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES), nonché una compartecipazione pari al 2 per cento dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF).

In un quadro quale quello delineato resta da definire un adeguato meccanismo per compensare gli squilibri territoriali nella raccolta del gettito IMU, senza tuttavia attribuire al governo centrale alcuna prerogativa o discrezionalità nella gestione e distribuzione delle risorse da destinare alla perequazione.

A questo proposito il disegno di legge dispone che il restante 25 per cento del gettito IMU venga destinato ad un apposito “Fondo perequativo orizzontale per il riequilibrio della fiscalità municipale”, un fondo alla cui alimentazione sono destinati a concorrere, nella misura del 10 per cento, i medesimi tributi immobiliari devoluti direttamente in quota parte ai comuni.

Ai decreti legislativi delegati è rimessa l’individuazione dei criteri e delle modalità di ripartizione orizzontale delle risorse del Fondo tra i comuni, sulla base dei rispettivi fabbisogni standard, come individuati dalla Società per gli studi di settore-Sose s.p.a. (ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 26 novembre 2010, n. 216).

Infine, in sede di esercizio della delega legislativa, dovranno essere ridefiniti l’ambito di operatività e il sistema di finanziamento del fondo perequativo già previsto dall’articolo 13 della legge 5 maggio 2009, n. 42, in relazione alla complessiva riforma della fiscalità municipale prevista dal presente disegno di legge e in coerenza con le sue finalità generali.

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Delega al Governo per la riforma del federalismo fiscale municipale)

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi aventi ad oggetto la riforma della disciplina in materia di federalismo fiscale municipale, di cui al decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, al fine di realizzare, secondo i princìpi e i criteri direttivi generali di cui all’articolo 2, comma 2, della legge 5 maggio 2009, n. 42, le finalità e gli obiettivi di cui alla presente legge.

2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, del Ministro per gli affari regionali, del Ministro per la coesione territoriale, del Ministro per gli affari europei, di concerto con il Ministro dell’interno, con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione.

3. Gli schemi di decreto legislativo, previa intesa da sancire in sede di Conferenza unificata ai sensi dell’ articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono trasmessi alle Camere, ciascuno corredato di relazione tecnica che evidenzi gli effetti delle disposizioni recate dal medesimo schema di decreto sul saldo netto da finanziare, sull’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche e sul fabbisogno del settore pubblico, affinché su di essi sia espresso il parere delle Commissioni parlamentari competenti per le conseguenze di carattere finanziario, entro trenta giorni dalla trasmissione. In mancanza di intesa nel termine di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, il Consiglio dei ministri delibera, approvando una relazione che è trasmessa alle Camere, recante le specifiche motivazioni per cui l’intesa non è stata raggiunta.

4. Decorso il termine per l’espressione dei pareri di cui al comma 3, i decreti possono essere comunque adottati. Il Governo, qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, ritrasmette i testi alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni e rende comunicazioni davanti a ciascuna Camera. Decorsi trenta giorni dalla data della nuova trasmissione, i decreti possono comunque essere adottati in via definitiva dal Governo.

5. Il Governo assicura, nella predisposizione dei decreti legislativi di cui al comma 1, piena collaborazione con gli enti locali.

Art. 2.

(Finalità e obiettivi)

1. Al fine di dare completa attuazione all’articolo 119 della Costituzione e di garantire l’effettiva autonomia di entrata e di spesa e la piena responsabilizzazione amministrativa, finanziaria e contabile dei livelli territoriali di governo, i decreti legislativi di cui all’articolo 1 dispongono il complessivo riordino dei rapporti finanziari tra lo Stato e gli enti locali, allo scopo di realizzare in forma progressiva e territorialmente equilibrata, a decorrere dall’anno 2013 ed entro e non oltre i due anni successivi, l’attribuzione ai comuni del gettito o delle quote di gettito derivanti dai seguenti tributi:

a) relativamente agli immobili ubicati nei rispettivi territori, una quota pari al 20 per cento del gettito derivante da:

1) imposta di registro ed imposta di bollo sugli atti indicati all’articolo 1 della tariffa, parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131;

2) imposte ipotecaria e catastale, limitatamente agli atti non soggetti all’imposta sul valore aggiunto;

3) imposta di registro ed imposta di bollo sui contratti di locazione relativi ad immobili;

4) tributi speciali catastali;

5) tasse ipotecarie;

6) cedolare secca sugli affitti, di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23;

b) per una quota pari al 75 per cento del suo gettito, l’imposta municipale propria (IMU), come determinata ai sensi dell’articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214;

c) il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES), di cui all’articolo 14 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214;

d) una compartecipazione nella misura del 2 per cento all’imposta sul reddito delle persone fisiche.

Art. 3.

(Fondo perequativo orizzontale per il riequilibrio della fiscalità municipale)

1. Allo scopo di compensare gli eventuali squilibri territoriali derivanti dalla devoluzione ai comuni della fiscalità immobiliare di cui all’articolo 2, comma 1, lettere a) e b), con i decreti legislativi di cui all’articolo 1 è disciplinata l’istituzione, presso il Ministero dell’economia e delle finanze, di un “Fondo perequativo orizzontale per il riequilibrio della fiscalità municipale”, di seguito denominato “Fondo”, secondo i seguenti principi e criteri direttivi:

  1. previsione di un sistema di alimentazione del Fondo basato sull’attribuzione ad esso delle seguenti quote di gettito tributario:

  1. una quota pari al 10 per cento del gettito dei tributi immobiliari di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a), numeri da 1) a 6), con attribuzione allo Stato del restante 10 per cento del gettito complessivo;

  2. una quota pari al 25 per cento del gettito dell’imposta municipale propria (IMU), di cui all’articolo 2, comma 1, lettera b);

  1. individuazione dei criteri e delle modalità di ripartizione orizzontale delle risorse del Fondo tra i comuni, sulla base dei rispettivi fabbisogni standard, come individuati dalla Società per gli studi di settore-Sose s.p.a., ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 26 novembre 2010, n. 216;

  2. in relazione alla complessiva riforma della fiscalità municipale prevista dalla presente legge e in coerenza con le sue finalità, ridefinizione dell’ambito di operatività e del sistema di finanziamento del fondo perequativo di cui all’articolo 13 della legge 5 maggio 2009, n. 42.

Art. 4.

(Effetti finanziari)

1. I decreti legislativi di cui all’articolo 1 sono orientati ad assicurare, a regime, il completo superamento del sistema dei trasferimenti diretti ai comuni, nonché di ogni forma di intervento statale nella gestione e ripartizione delle risorse ad essi spettanti.

 

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