LA DICHIARAZIONE DI VOTO FINALE SUL FEDERALISMO MUNICIPALE che ho svolto in aula nella seduta di mercoledì 23 Febbraio

LA DICHIARAZIONE DI VOTO FINALE SUL FEDERALISMO MUNICIPALE che ho svolto in aula nella seduta di mercoledì 23 Febbraio

STRADIOTTO (PD). Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, abbiamo sperato fino a questa mattina che il suo parere cambiasse rispetto alla possibilità di modificare il decreto in esame, convinti che i Governi cambiano, passano, ma le riforme restano. In questo senso sono certo, siamo certi, che se questo Parlamento fosse stato eletto grazie ad una riforma elettorale diversa, i risultati rispetto a questo decreto sarebbero stati assolutamente diversi.

Abbiamo provato a migliorarlo in tutti i modi, sia in Commissione bicamerale con i colleghi Vitali, Barbolini, D’Ubaldo e Bianco, sia in Commissione bilancio con i colleghi Mercatali, Morando e Legnini.

Tutte le nostre proposte sono restate in gran parte carta straccia.

Comprendo le motivazioni che hanno mosso il senatore Franco nel corso del suo intervento, ma il collega non sa cosa significa fare il sindaco, non sa quali siano e cosa siano i bilanci di un Comune. Quando il senatore Franco elenca le nostre proposte non dice che oggi le entrate dei Comuni per garantire i servizi sono pari a 40 miliardi di euro su cui non c’è alcuna autonomia.

Il federalismo municipale prende la sua origine dalla legge delega n. 42 del 2009, in materia di riforma del federalismo fiscale, che a sua volta rimanda all’articolo 119 della Costituzione – che non era stato modificato dalla vostra devolution, quindi era là dal 2001 e voi non avete utilizzato tutto questo tempo per approvare questa riforma – e si basa su alcuni principi fondamentali: autonomia finanziaria di entrata e di spesa, risorse autonome e tributi ed entrate proprie. Il federalismo che voi proponete non ha nulla di questo, si tratta solo di finanza derivata, che arriva dall’alto ed è decisa dall’alto.

Il problema in Italia è che abbiamo una pressione fiscale altissima, una spesa pubblica alta determinata da molti sprechi ed inefficienze e – dobbiamo sempre tenerla in considerazione – la piaga dell’evasione fiscale.

Un federalismo municipale che si basi sui principi fondamentali di riconoscere maggiore autonomia e di chiedere maggiore responsabilità agli enti locali e quindi agli amministratori diventa un’arma favolosa per combattere gli sprechi e l’evasione fiscale, ma – come hanno ricordato in molti – è assolutamente necessario che venga rispettato anche il principio del «pago, vedo, voto». Questo meccanismo è assente dal decreto, perché non ci sono di fatto i tributi propri: l’IMU è un imposta che pagheranno solo quelli che in quel Comune non votano, perché hanno la seconda casa o hanno la proprietà dell’attività produttiva ma non è detto che in quei Comuni abbiano la residenza e quindi esprimano il loro voto.

Altra questione fondamentale è che ci sia un rapporto diretto fra le imposte che il cittadino paga nel territorio e le spese che in quel territorio vengono sostenute, perché questo incentiva il senso civico e la lotta all’evasione. La lotta all’evasione non si fa solo ed esclusivamente con la Guardia di finanza ma soprattutto e innanzitutto investendo sul senso civico.

Alla fine, l’unica leva su cui può contare il sindaco per garantire l’autonomia finanziaria è l’addizionale IRPEF. Ma chi è che paga l’IRPEF in Italia? L’IRPEF è quella imposta che pesa per l’85 per cento sulle spalle di lavoratori dipendenti e pensionati, quindi voi aumentate le tasse agli onesti. (Applausi dal Gruppo PD).Invece di fare la lotta all’evasione fiscale aumentate le tasse agli onesti!

Sostenete che la pressione fiscale non aumenta. La pressione fiscale è una media, è il rapporto tra il totale delle entrate e il prodotto interno lordo. Se analizziamo analiticamente il dato del 43,3 per cento di pressione fiscale, per la stragrande maggioranza dei contribuenti onesti va sopra il 50 per cento. Con la riforma che presentate è questo che state facendo. Questo è il problema.

Noi abbiamo tentato di dirvelo in tutti i modi, ci avete risposto che l’addizionale IRPEF l’abbiamo prevista noi nel 1997: è vero, ma allora i Comuni italiani avevano 5 miliardi in più di disponibilità e potevano contare anche sulla leva dell’ICI, quindi, un sindaco, un consiglio comunale avevano la possibilità di modulare quel prelievo. Oggi, i tagli determinati dalle varie finanziarie che avete approvato, il Patto di stabilità perverso che avete applicato e che strozza i Comuni, sommati ad una situazione economica più difficile di qualche anno fa impongono di fatto che l’addizionale IRPEF diventerà l’unica valvola di sfogo.

Avete anche sottolineato che la riforma ha ricevuto l’assenso, o comunque la non opposizione, da parte dell’ANCI: ma come poteva opporsi a questa riforma? Ripeto, in questi anni i Comuni sono stati strozzati.

Vorrei chiedere ai sindaci della Lega Nord e del Popolo della Libertà se sono contenti del patto di stabilità che li obbliga a imporre tasse per fare avanzi di amministrazione, che servono a fini statistici al ministro Tremonti per tamponare i buchi creati da altri settori della pubblica amministrazione. Non è un caso che oggi, dopo di me, parlerà il sindaco di Catania che si dichiarerà favorevole alla riforma; infatti, questa riforma si basa su un ragionamento clientelare. Il federalismo clientelare, però, non funziona; con i contributi straordinari non si rimette in piedi e si salva il Paese! (Applausi dal Gruppo PD).

Questa non è autonomia! Questo non è federalismo! Il « pago, vedo, voto» non esiste, come ho avuto modo di sottolineare in precedenza; è tutta finanza derivata, è un sistema assolutamente confuso e complicato, mentre la semplificazione è la base essenziale per il funzionamento di un sistema fiscale. Il cittadino deve capire dove vanno a finire i suoi soldi; invece i soldi continueranno ad andare a Roma, anche di quei tributi che dovevano restare nel territorio. Ad esempio, dovevano rimanere nel territorio la cedolare secca e la tassa di registro; se tali risorse vanno a Roma e finiscono nel frullatore del fondo perequativo, perdono la tracciabilità e non sono più soldi di quel territorio. Il fondo perequativo andava finanziato con altre risorse. È chiaro che serve un fondo perequativo per salvaguardare le zone in difficoltà e le situazioni più povere, anche del Nord. Infatti, questo sistema crea danni anche e soprattutto a tanti Comuni del Nord.

Sottolineo, infine, che chiediamo il federalismo perché nel nostro Paese vi sono situazioni sperequate: vi sono Comuni di serie A, di serie B, di serie C e anche di serie Z. Questo meccanismo, però, non cambia la situazione ed anzi creerà Comuni superavvantaggiati, soprattutto quelli turistici che avranno un extra gettito; viceversa i Comuni di periferia, che devono dare più servizi, che hanno bisogno di più asili nido e di servizi per gli anziani e per i portatori di handicap, non avranno le risorse necessarie per fornire risposte. Mi rivolgo al ministro Bossi e al ministro Calderoli, qui presente, per sottolineare quello che si è determinato con questo meccanismo: facciamo finta che il sindaco sia un amministratore condominiale; ebbene, con questo sistema egli non potrà chiedere a tutti i condomini, cioè a tutti i cittadini che usufruiscono dei servizi comuni, un contributo, ma solo alcuni pagheranno. Un condominio di questo tipo, o meglio un Comune di questo tipo, non può funzionare, perché pagano esclusivamente i percettori di reddito IRPEF e coloro che hanno una seconda casa o un’attività in proprietà; gli altri non pagano, ma usufruiscono del servizio! Quando i conti non quadreranno, il sindaco dovrà chiedere di più a chi usufruisce dei servizi e quindi alle famiglie con figli, con anziani e con portatori di handicap.

Abbiamo tentato in tutti i modi di modificare questo provvedimento, di avvicinare il luogo in cui avviene il prelievo al luogo in cui viene fatta la spesa; abbiamo tentato in tutti i modi di evidenziare il vero conflitto di interessi tra l’inquilino e chi affitta le abitazioni; avete risposto di no, anche se questi sono i meccanismi che combattono l’evasione e gli sprechi. Avete perso un’occasione e state facendo una cattiva riforma. Siete dei bravissimi venditori di fumo: su questo non vi batte nessuno! Il tempo, però, è galantuomo e la verità salterà fuori. Tra qualche mese, quando il fumo sarà dipanato, emergerà più chiaramente la realtà. Non credo che potrete più scrivere sui manifesti elettorali: «padroni a casa nostra»; dovrete piuttosto scrivere: «commissariati a casa nostra». Andate a vedere cosa creerà nei municipi del Nord, del Sud e del Centro del Paese il combinato disposto del Patto di stabilità e del federalismo municipale.

Avete scritto: «Meno tasse per tutti», ma dovrete dire: «Più tasse per gli onesti»; questa è la realtà e ci dispiace veramente che non abbiate accolto le nostre proposte, volte alla riduzione delle tasse per gli onesti. Noi, caro senatore Franco, proponevamo l’abolizione dell’addizionale IRPEF, perché quella è una cosa seria: abbassare veramente la pressione fiscale, un abbassamento delle imposte per le imprese, un abbattimento degli sprechi e soprattutto una grande lotta all’evasione fiscale.

Concludo, signor Presidente, con un appello al ministro Calderoli. Vede, ministro Calderoli, l’anno scorso, a Pontida, ha iniziato il suo discorso facendo riferimento all’Italia e dicendo che la nave prima di affondare si spezza. Ebbene, non so se quella fosse una preoccupazione o un auspicio. Se era una preoccupazione, questo decreto non risolve quei problemi; se invece era un auspicio, comprendo perché l’avete fatto così e per questo noi voteremo assolutamente contro. (Applausi dai Gruppi PD eUDC-SVP-Aut:UV-MAIE-Io Sud-MREe del senatore Pardi. Congratulazioni).

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