Il federalismo alla rovescia: più soldi alle città turistiche

Il federalismo alla rovescia: più soldi alle città turistiche

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Lo studio del senatore Pd Stradiotto sugli effetti delle nuove norme fiscali VENEZIA. Il federalismo fiscale municipale – che la Lega e (con enfasi minore) il Pdl, esaltano come una conquista salvifica per il Nord – comporterà un radicale cambiamento nei meccanismi che regolano le entrate dei Comuni. Con effetti tutt’altro che lineari e scontati. Il decreto legislativo 292, in discussione alla Commissione bicamerale, prevede la devoluzione, a favore delle amministrazioni comunali, della fiscalità immobiliare e del gettito derivante della nuova cedolare secca sugli affitti. In altri termini: dal 2011 i tradizionali trasferimenti ai Comuni non arriveranno più dai capitoli di spesa che il ministero dell’Interno riserva agli enti locali, ma da un nuovo fondo alimentato dalle imposte di registro, di bollo, dell’imposta ipotecaria e catastale, dei tributi catastali speciali, dell’Irpef relativa i redditi fondiari e della cedolare secca sugli affitti. L’erogazione diventerà effettiva a partire dal 2014 e avrà un ammontare complessivo stimato in 15 miliardi di euro, cifra simile a quello che lo Stato destina tuttora. Ma l’autentica autonomia finanziaria, che dovrebbe garantire agli enti locali risorse più adeguate ai bisogni, si chiama Imu, è l’imposta comunale unica che raggrupperà le attuali tasse comunali (Ici, addizionale Irpef, etc); ad essa si sommerà l’imposta municipale secondaria (facoltativa) che sostituirà le preesistenti Tosap, Cosap, Pubblicità e via di seguito. Ma quale è la morale della favola? Cosa cambierà davvero per le casse, spesso esangui, dei municipi? Il senatore veneziano Marco Stradiotto, tra i rappresentanti del Pd nella Bicamerale, ha effettuato una proiezione statistica, veneta e nazionale, calcolando le differenze tra il presunto gettito e l’attuale trasferimento, l’incidenza per abitante e l’entità ipotizzata dei tributi. Ne emerge un quadro per molti aspetti sorprendente: se nel 2010 i 580 Comuni veneti hanno beneficiato di trasferimenti pari a 1,06 miliardi di euro, con la devoluzione il gettito lieviterebbe a 1,32; attenzione, però: l’incremento di entrata premierebbe solo 270 municipi, gli altri 310 subirebbero una flessione di risorse, tanto da dover ricorrere al fondo perequativo nazionale per tamponare l’emorragia. Più soldi per sei delle sette province (penalizzata Rovigo, già fanalino) ma in modo disomogeneo: sorridono le città capoluogo, le località turistiche e i centri fortemente industrializzati; insomma, i ricchi. Stringono, ulteriormente, la cinghia, i poveracci, privi di risorse significative e già alle prese con bilanci in rosso. Insomma, un federalismo fiscale municipale che agisce da Robin Hood alla rovescia: rimpingua il salvadanaio di Cortina (+353%) e svuota quello di Portobuffolè (-90%). «Propongo questo studio come un contributo costruttivo alla riflessione, aldilà della logica di schieramento», commenta Marco Stradiotto «è evidente che una riforma federalista che necessita di ingenti fondi perequativi, per evitare tracolli nei bilanci, richiede un correttivo di partenza. Perché il rischio concreto è quello di non riuscire a rompere la storica sedimentazione di privilegi creatisi con la spesa e i trasferimenti storici». Soluzioni possibili? «Un’ipotesi, per evitare scompensi e danni ai cittadini, è quella di prevedere la compartecipazione dei Comuni alle entrate di Iva e Irpef, su base regionale però. Mi auguro che la Commissione ne discuta con spirito pragmatico, anteponendo all’ideologia astratta l’interesse del Paese». 10 dicembre 2010

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