La nuova Alitalia? Una fregatura!

La nuova Alitalia? Una fregatura!

Poco più di otto mesi ci separano dalle elezioni politiche del 2008. In campagna elettorale uno dei temi più battuti era l’Alitalia. Alitalia in tutte le salse: fallimento o salvataggio? Air France sì o no? Soprattutto: Fiumicino o Malpensa?                                     Quel dibattito, con le relative semplificazioni, contribuì a far fallire la trattativa fra la nostra compagnia di bandiera e Air France-Klm. Da un lato, le polemiche sollevate da Berlusconi con la sua ostilità nei confronti della soluzione franco-olandese; dall’altro, il gioco delle parti tra i sindacati, con aperture e dietrofront quasi all’ordine del giorno. Come risultato, peraltro forse a quel punto prevedibile, il ritiro dell’offerta da parte del presidente Spinetta.  Ai firmatari dell’accordo e al governo Prodi, il centrodestra allora all’opposizione imputava soprattutto due colpe: la perdita dell’italianità della compagnia di bandiera e il ridimensionamento dello scalo di Malpensa. Il tutto condito con un messaggio mediatico molto semplice, ma martellante: l’operazione rischiava di essere – si diceva – una “svendita” ai cugini d’oltralpe che, per pochi spiccioli, avrebbero messo le mani sul nostro vettore storico. Le notizie di queste ultime ore, che danno ormai come imminente l’accordo tra la nuova Alitalia (Cai) e Air France-Klm, dimostrano quanto quelle critiche fossero immotivate, oltreché strumentali.

La verità, sotto gli occhi di tutti, è che la nostra era una posizione oggettivamente legittima perché quella di marzo era una buona offerta. E non è un caso che, dopo oltre otto mesi di chiacchiere e tira e molla, si sia sostanzialmente tornati alla situazione di partenza. Con una differenza, purtroppo, fondamentale e dolorosa per le tasche dei contribuenti italiani: la gestione disastrosa dell’operazione Alitalia costa più di 4 miliardi di euro. E, a distanza di pochi mesi, Air France è sul punto di mettere a segno un vero e proprio affare, comprando il 25% della “parte buona”di Alitalia e spendendo una cifra irrisoria: solo 322  milioni di euro. Ce n’è abbastanza per far brindare a champagne Spinetta e soci. In primavera, infatti, si sarebbero accollati oneri e onori dell’operazione, acquistando il pacchetto completo, debiti compresi. Oggi si portano a casa un quarto di una compagnia di bandiera sana, depurata dai debiti e dal personale in eccedenza. Alitalia, nel frattempo, è stata infatti divisa in due società, una buona e l’altra cosiddetta “marcia”. Nella prima c’è il business, le rotte, le autorizzazioni, le concessioni; nella seconda i debiti e il personale. In questi giorni il commissario Fantozzi ha peraltro ammesso che non riuscirà a onorare tutti i crediti maturati dai fornitori di Alitalia: un totale di oltre 3 miliardi di euro. Se ad essi si aggiungono – oltre ai 400 milioni di prestito ponte che non sarà restituito – anche i maggiori oneri che lo Stato dovrà versare per finanziare gli ammortizzatori sociali necessari a sostenere i lavoratori licenziati da Alitalia non riassunti dalla nuova compagnia, si ha un quadro chiaro (o meglio scuro, scurissimo) dei costi che peseranno sulle tasche dei contribuenti. Insomma, mi si passi l’espressione, tutto si è risolto in una vera e propria fregatura! Un pessimo affare non solo, in generale, per la collettività, ma anche, più nello specifico, per i viaggiatori, che presumibilmente dovranno, almeno nella prima fase, pagare tariffe più onerose a fronte di una qualità del servizio peggiore.    Con buona pace della concorrenza, infatti, la Cai è nata dalla fusione di Alitalia e Air One. Ciò ha dato vita a un nuovo monopolio, che – come può testimoniare chi in questi mesi di transizione sta utilizzando il vettore aereo – ha determinato uno sconsiderato aumento dei prezzi dei biglietti e un deterioramento del servizio. Tanto per fare un esempio, la rotta Venezia-Roma ha subito un drastico taglio dei numero dei voli. C’è, inoltre, il problema del futuro dello scalo di Malpensa. Siamo di nuovo alla situazione di otto mesi fa.   Le scelte aziendali della nuova Alitalia di fatto penalizzano lo scalo lombardo, perché essa chiede che le rotte disponibili non vengano messe a disposizione delle compagnie che ne facessero richiesta. Il monopolio nella rotta Milano-Roma è certamente una ghiotta opportunità di guadagno per la nuova Alitalia, ma non sempre gli interessi di un’azienda si sposano con quelli degli utenti. E in questo caso garantire la concorrenza e la possibilità di scelta, evitando di consolidare l’ennesimo monopolio, sarebbe una precisa responsabilità delle istituzioni e delle autorità preposte alla gestione del settore e al controllo del rispetto delle regole. Proviamo, in conclusione, a stilare una breve lista degli effetti dell’operazione Alitalia sul nostro sistema:

– costi per la collettività pari a circa 4 miliardi di euro, 74 euro a testa per ogni italiano;
– creazione di un nuovo monopolio per le rotte interne con la rottura della concorrenza tra Air One e Alitalia;
– riduzione del numero dei voli;
– aumento del prezzo dei biglietti;
– ridimensionamento di Malpensa.

Infine, con l’ingresso di Air France-Klm, abbiamo perso anche l’ultimo baluardo, vale a dire l’italianità del gruppo tanto cara a Berlusconi in campagna elettorale.
Cosa resta? Al termine di questa sciagurata vicenda c’è qualcuno che intende assumersene davvero la responsabilità?
Marco Stradiotto

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